Etichetta on line
Stiamo in questi giorni, pensando ad una nuova etichetta per il nostro olio.
Certo che non è facile "comunicare" il nostro olio per due motivi:
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lo spazio disponibile è veramente poco
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nella migliore delle ipotesi, non riusciremmo a differenziarci dall’oliaccio extravergine da 3 euro e 50 in bottiglia da un litro che trovate nell’HD sotto casa
OLIO EXTRA VERGINE D’OLIVA: (link a normativa)
NOME DELL’OLIO (link ai post che parlano del nome)
Il quantitativo totale prodotto è di lt —- (link con i post scritti durante la raccolta)
Ottenuti da —– quintali di olive
Raccolte dal —- al —–
Dai seguenti oliveti:—————-(foto,dati catastali ecc)
cultivar: ———————-
La raccolta è stata effettuata mediante:————————-
La molitura è avvenuta nel frantoio di:————————-
Tecnologia utilizzata:————————————–
I tempi intercorrenti tra raccolta e molitura:——————————
Le temperature di lavorazione sono state le seguenti:—————————-
Profilo organolettico rilasciato dal panel di Larino:—————————
Caratteristiche chimico-fisiche: certificato d’analisi del laboratorio —- del —–)
Modo di conservazione:
Scadenza:
– per legge:——————
– per noi: ———————
L’olio è confezionato nel laboratorio:———————————–
10/12/2006 @ 10:54
Ottima idea Francesco. E’ importante dare il maggior numero di informazioni sul proprio prodotto, anche perchè sono solo in pochi in grado di darle. Innovativo anche il discorso di proporre una data di scadenza doppia, quella di legge e quella secondo l’esperienza del produttore, ci penserò anch’io.
10/12/2006 @ 16:40
Infatti Carlo è la qualità delle informazioni scritte in etichetta che potrebbe rappresentare una discriminante importante visto che scrivere extravergine di fatto non garantisce il consumatore.
La data di scadenza per legge è di 18 mesi dalla data di imbottigliamento mentre la data di produzione non compare e/o viene presa in considerazione.
Altra cosa da aggiugere potrebbero essere le informazioni sugli eventuali trattamenti antiparassitari.
11/12/2006 @ 12:18
Sarebbe un’ottima idea (anche se forse un po’ sovrabbondante come informazione, il link a tutti i post scritti sull’argomento forse puo’ essere sostituito da un solo link a una pagina principale dell’olio).
Dico “sarebbe” perche’ c’e’ il “se”: ..se non fosse che questa etichetta cosi’ com’e’ e’ illegale. E’ il punto che facevo nel mio commento al post sul “flop delle DOP” (a proposito grazie della risposta, avrei poi altri commenti a riguardo, in quella sede se mi e’ concesso). Per poter dire certe cose di un olio la legge dell’Unione Europea impone di rispettare certe modalita’ ben precise. Innanzitutto la legge e’ chiarissima nel puntualizzare che, dal suo punto di vista, “etichetta” e’ qualunque testo, volto a presentare o accompagnare anche non solo fisicamente un particolare prodotto, o che ad esso si riferisce (quindi anche i cartellini esposti dal commerciante in vetrina o sugli scaffali se si riferiscono a un ben preciso prodotto, anche quel che si dice sul sito web riferito a quello specifico prodotto..).
In particolare vengono in mente subito due esempi principali di modalita’ obbligatorie per dichiarare alcune cose (sono l’equivalente delle dichiarazioni facoltative regolamentate del vino): come noto, per poter dichiarare l’acidita’ libera dell’olio e’ necessario indicare contestualmente (significa anche con la stessa evidenza) anche altri parametri (polifenoli, tocoferoli, perossidi, estinzione nell’UV a due lunghezze d’onda, e tenore delle cere). Altrimenti e’ vietato specificare l’acidita’ libera di un olio, perche’ fuorviante (creerebbe una situazione in cui gli oli raffinati la farebbero da signori). Da questo punto di vista la tua etichetta mi pare solida, anche se non specifichi il tipo di analisi chimiche che metterai. L’altro grande punto della normativa europea (e quindi anche italiana) e’ quello che concerne l’ origine geografica di un olio. Per legge e’ vietata qualunque allusione (anche solo con l’uso di “clever graphics”, la legge essendo non italica non lascia scampo nella sua chiarezza: eventuali cipressini o trulli o riviere sono avvisati), dico qualunque allusione alle origini geografiche al di fuori dei soli tre casi: prodotto nella UE; prodotto in Italia; appartenente a una DOP/IGP (continuo a dire DOP/IGP ma l’IGP e’ virtuale essendoci un solo olio IGP in Italia, indovinate quale…tanto per dire dello “strapotere”..). Siccome mi pare che il tuo olio non riporti nessuna denominazione di origine o indicazione geografica protetta nelle modalita’ previste dalla legge e dai relativi disciplinari, l’indicazione della particella catastale di provenienza (e se per questo anche dire che e’ un olio proveniente dal tale appezzamento lungo il tratturo, o anche soltanto dire che e’ pugliese: ogni cosa piu’ specifica di “prodotto in Italia”) e’ chiaramente illegale. E, aggiungo, scorretta. Per questo semplicissimo motivo: poiche’ la procedura delle DOP per chi vuole dichiarare le origini del proprio olio non e’ per nulla facoltativa ma e’ un obbligo di legge, e poiche’ quindi i non pochi cittadini onesti che rispettano la legge, per poterlo fare vanno incontro a innegabili spese e scocciature (eventualmente quantificabili in altri soldi, il tempo puo’ essere denaro, giusto?), ecco che l’eventuale presenza sul mercato di qualcuno che allegramente se ne infischia della legge tagliando l’angolo, sia che lo faccia perche’ e’ furbo sia perche’ invece “non crede alle DOP”, costituisce come minimo concorrenza sleale. Inoltre rappresenta anche un fattore di aiuto (benche’ eventualmente inconsapevole) allo stabilirsi di un folto sottobosco di veri e propri truffatori che allignano in questo clima che si vuole diffondere, di “fiducia” verso l’olio e chi ce lo da’ per il solo fatto che lo “guardiamo negli occhi” senza che sia possibile neppure teoricamente avere il controllo di quello che succede. Chi ci dice quanto olio viene imbottigliato facendolo credere proveniente da un appezzamento (e non sto parlando di te in particolare)? Questo tipo di fiducia basata su basi molto evanescenti e’ esattamente quello che la lettera e lo spirito delle norme europee vogliono superare, o per lo meno integrare con possibilita’ di controllo un po’ piu’ consone ai tempi e agli spazi odierni.
11/12/2006 @ 16:01
Figurati Filippo, grazie a te di nuovo per il puntuale contributo alla discussione.
Mi rivolgerò alla Repressione Frodi per avere la certezza di quello che dici anche perchè se fosse applicata alla lettera la legge non sarebbe possibile neppure scrivere l’indirizzo del sito web a questo punto.
Poi Filippo il problema DI FATTO a cui devo far fronte nel comunicare il mio olio è paradossalmente,proprio quello di rendere esattamente ciò che ha ispirato il legislatore europeo. (anche se quest’ultimo avrebbe dovuto essere più coraggioso…)
Se il mio cliente ha la possibilità di guardarmi negli occhi e di entrare “a casa mia”, può sentirmi parlare e spiegare il mio olio ed i miei prodotti molto meglio che leggendoli su un fogliettino che, sul prodotto olio e.v., ha favorito paradossalmente proprio quell’ “l’evanescenza” di cui parli costituendo l’humus per quel “sottobosco di truffatori” che invece voleva scoraggiare e debellare.
La dimostrazione di quello che dico è nelle cifre di quella tabella. Quanto costa avere la DOP? Nel mio caso, l’ incidenza su un litro, sicuramente sarebbe meno di 1 euro. Come spieghi il fatto che un litro di extravergine DOP costa, secondo la tabella, 11 euro al litro mentre l’extravergine “non DOP” costa la metà?
I 5 euro di differenza al litro evidentemente non vengono “ritrovati” e/o “percepiti” dal consumatore quando acquista la sua bottiglia di DOP se poi è dimostrato che lui, il consumatore, ha scelto di dirigersi altrove nell’acquisto del suo olio.
Per tornare al discorso sulle caratteristiche organolettiche che secondo mi è la chiave del problema mi è capitato di assaggiare recentemente proprio l’IGP degli “strapotenti”. Ebbene la nota aromatica della “la pipì di gatto” tipica della cultivar spagnola pigual era perfettamente riconoscibile. Aimè.
11/12/2006 @ 17:10
Ti ringrazio per la risposta.
Francesco, innanzitutto voglio dirti che la cosa che stai facendo, da quel poco che posso aver colto, mi piace molto. In particolare la comunicazione sull’olio, a parte questo dettaglio su cui torno fra un momento, la sento molto in sintonia con uno spirito che e’ anche mio. Anch’io, pur con quantita’ ridicole, comunico sull’olio (nel minimo che ho comunicato finora) semplicemente tutto quello che chi lo potrebbe consumare potrebbe voler sapere e che umanamente mi e’ possibile sapere. Tutto. Pensa che e’ mia intenzione schedarmi tutti gli olivi col gps, e ho gia’ iniziato, per poi usare queste informazioni in un sacco di contesti, sia per mio uso che per uso e diletto del potenziale consumatore, o interessato. Credo di essere l’unico produttore della DOP Chianti Classico che si e’ pagato di tasca sua l’esame delle cere, per poter mettere in etichetta i famosi valori, tra cui quello dell’acidita’. Ho voluto comunicare in modo meno sbracato e/o approssimativo le proprieta’ sensoriali del mio olio, rinunciando alle frasi sul fruttato e il piccante e semplicemente dando la parola ai parametri quantitativi del panel test, e cioe’ le mediane statistiche degli attributi fruttato, piccante e amaro, ritenuta triade fondamentale nella particolare DOP cui mi riferisco, e li ho comunicati in forma grafica, un triangolo sensoriale con i tre raggi proporzionali alle mediane. Ho dichiarato il dato che il consumatore a mio avviso ha diritto di conoscere, e cioe’ la data esatta di frangitura e il frantoio presso cui e’ avvenuta. Ho fatto questo e altro, lo vuoi sapere per quanto olio DOPato e imbottigliato in centini? Se te lo dico mi ridi in faccia. Pero’ tutto questo l’ho fatto dentro la lettera e lo spirito delle regole, perche’ come prima cosa che sento di aver scoperto di questa realta’, e’ che quello che in campo vinicolo e’ da sempre e per molto ancora la Francia (in termini di tradizione, di prestigio, di immagine, di prezzo..), in campo oleario lo e’ l’Italia, anzi molto di piu’. Con alcune differenze non da poco: la piu’ importante e grave e’ il fatto che e’ risaputo a livello mondiale (nel senso che e’ la cosa che piu’ o meno esplicitamente viene mormorata, a seconda dei casi) la strana statistica che tradizionalmente vanta l’Italia: e’ sempre stato un primato di vendita da parte di un paese che non e’ il primo produttore. Ma, arcinoto, semmai il primo importatore. Questo lo stato dell’arte almeno fino a ieri sera, si puo’ dire. Sull’Italia dell’olio pendono queste due cose, una la consapevolezza diffusa dell’esistenza di punte di eccellenza semplicemente impensabili altrove fino a non molto tempo fa, appunto; l’altra la poco meno diffusa consapevolezza del fatto che l’Italia, grazie al silenzio della legge, per troppo tempo durato, ha rifilato per decenni un imprecisato numero di milioni di ettolitri di olio fatto passare per extravergine italiano e magari pure toscano, ma (a questo punto tutti lo sanno) in realta’ spagnolo e poi greco (come ai tempi a cavallo del disastro olivicolo dell’85 in piccolo valeva per l’olio toscopugliese). Queste cose sono note, proprio perche’ non costituendo un problema legale al tempo (durato molto) della loro attuazione, sono ricostruibili. Questo significa che c’e’ da una parte un certo senso come di voglia di rivalsa, contro quei bloody wops truffatori, dall’altra un occhio molto attento. Siamo sotto lo spot. E nulla e’ cosi’ solluccheroso per gli esperti di marketing e di branding, come un annunciato psicodramma del mercato globale, quale la storia olearia dell’Italia, fra i due carabinieri Spagna e Grecia, designati per farle la festa. L’unica cosa che puo’ se non impedire, per lo meno rallentare o attenuare il disastro che si abbattera’ sul comparto oleario fra pochi anni, quando i milioni e milioni di ceppi di olivo piantati ogni anno, a partire dagli anni novanta, in tutto il Nuovo Mondo (ha! Again..), e anche in Cina, entreranno in piena produzione, con produttori appartenenti a paesi mediamente ricchi e avanzati tecnologicamente e culturalmente, ed estremamente motivati a fare ogni cosa in modo non meno che eccellente, l’unica cosa dico, e’ quella di mettere la testa a partito, e alla svelta. Mettersi a fare i bravi ragazzi, rigare dritti come fusi, e tagliare le gambe da subitissimo a ogni possibilita’ di sopravvivenza di questo mostro di oceano d’olio che percorre il mercato mondiale, marchiato (anche solo allusivamente) come italiano, e proveniente chissa’ da dove. Questo enorme glob esiste finche’ esistera’ la macchia grigia nella mappa del patrimonio olivicolo nazionale. Nel momento in cui ogni olivo sara’ schedato presso un organismo pubblico e sara’ tracciata la quantita’ all’origine e il percorso dell’olio, cioe’ nel momento in cui ogni olivo italiano dara’ un olio DOP, suonera’ la campana a morto per questa maledizione che se non cessa prima che subito, ci portera’ alla rovina.
Falli tutti i discorsi che vuoi fare con il cliente, Francesco, falli. Ma falli da _dentro_ lo spirito e la lettera delle regole.
Mettere il sito web non e’ la stessa cosa, e’ come mettere l’indirizzo aziendale. Un azienda puo’ benissimo, legittimamente, anche comprare e condizionare per la vendita altro olio oltre quello che produce. Vendere olio in azienda deve essere una cosa comunicata con estrema chiarezza: se si vende olio “single estate” imbottigliato all’origine, perche’ non assumerne anche i segni riconoscibili per accordo comune all’UE? Perche’ rinunciare alla forma (boicottando cosi’ gli sforzi e le spese di quelli che non si _accontentano_ della DOP, ma che non la bypassano)?
11/12/2006 @ 17:29
Poi, scusa se riprendo, ma non capisco: se veramente l’olio DOP si vende a piu’ del doppio dell’olio non DOP per quale motivo tu che potresti avere la DOP non la fai? Se il prezzo e’ piu’ alto e’ evidente che invece qualcuno che paga quel prezzo, per cui il prezzo lo vale, c’e’. Aggiungo che fare un discorso di prezzo non ha senso sull’olio proveniente da regioni molto diverse, a volte neppure dentro la stessa regione. Caro mio, se mi metto a chiederti quanto olio fai da una pianta te, e si ti dico quanto ne faccio io con una delle mie, c’e’ da ridere. Tu con l’olio mi ci puoi annegare. Vuoi che ti dica ogni quanto, nel Chianti, Fratello Gelo fa tabula rasa? Sono certo che lo sai gia’. Il fatto e’ che la media degli oli DOP e’ chiaramente alzata da molti oli che sono di qualita’ tale da poter chiedere un prezzo che giustifica tutta la trafila. Poi c’e’ anche quello che invece prova a sfruttare la nomea senza averne la stoffa, puo’ darsi, ma sono cose che con i consumatori non durano. Purtroppo hanno voluto mettere insieme origini territoriali ed eccellenza nello stesso carrozzone, e tutelarle con lo stesso strumento. Ma e’ un errore: perche’ per contentare chi per origini c’e’ ma per qualita’ un po’ meno, si annacqua la percezione dell’eccellenza. Uno dei marker di un’olio eccellente e’ il prezzo, se tenuto in modo consistenze (cioe’ la possibilita’ di trovare sul mercato ripetutamente quell’olio a quel prezzo: segno che c’e’ qualcuno che ritiene che il prezzo lo valga). Ti scandalizzerai, ma io ritengo che in alcuni casi, visti soprattutto i prezzi correnti per oli che tu stesso avrai provato e giudichi per quello che sono, mediocri, dico in certi casi di vera eccellenza il prezzo giusto e’ molto ma molto piu’ alto di quel prezzo che ritieni cosi’ alto. Trenta, quaranta, anche cinquanta euro al chilo, per me e a quanto vedo non solo per me, possono starci eccome. Ovviamente ci saranno “riscozzature” nei prezzi, ma prima di fare discorsi critici sui prezzi dell’olio e’ bene sapere che se la differenza di condizioni, di vincoli, di spese, di rese, in campo vitivinicolo puo’ arrivare poniamo a 10, in campo oleolivicolo puo’ raggiungere anche 100.
15/12/2006 @ 12:13
Volevo salutare e fare i miei auguri di buone feste perche’ sono di partenza, e purtroppo mi sara’ difficile connettermi alla rete per un paio di settimane almeno.
18/12/2006 @ 09:27
Ciao Filippo,
altrettanti auguri di buone feste anhe a te ed alla tua famiglia.
Riprenderemo questa interessante discussione ..l’anno prossimo.
Grazie!